MILANO – Il principio è una fredda giornata senese del 1987. Inizia così “Senza pugni”, l’opera prima di Davide Mannelli; e, quindi, inizia così anche la storia del protagonista del romanzo, Marco Russo. L’apparenza però spesso inganna, perché in realtà l’incipit di tutto – quello vero – risale a molto prima. Alla sera del 7 novembre 1970. A Carlos Monzón e Nino Benvenuti che si contendono il titolo mondiale dei pesi medi in un epico incontro, concluso soltanto alla dodicesima ripresa con la vittoria del pugile argentino. E a un bambino napoletano che, davanti alla televisione, capisce quale sarà la sua strada. Marco la percorre di slancio, con falcate potenti. Nel farlo però, perde l’orientamento, dimentica i valori e tradisce gli ideali. In un confronto vissuto attraverso una continua alternanza tra piani narrativi, l’uomo di Siena – il Marco adulto e disincantato – scoprirà l’abisso che lo separa dal bambino che era, capace di incantarsi davanti a due campioni di boxe in televisione. E dopo tutti i combattimenti affrontati a guardia alta, egli si troverà dinanzi all’unico in cui sarà costretto a lottare “senza pugni”: il combattimento con sé stesso.