MILANO – Si è svolto nel dipartimento di Bioscienze del polo scientifico della Statale di Milano l’incontro con il primatista del mondo del salto in alto Javier Sotomayor, organizzato a braccetto dall’Associazione Amicizia Italia-Cuba, dal Comitato regionale FIDAL Lombardia e dall’ateneo milanese. L’olimpionico cubano, accolto dal presidente della facoltà di Scienze Motorie Giampiero Alberti (presenti anche il presidente del Comitato FIDAL Lombardia Grazia Vanni e il fiduciario tecnico regionale Bruno Pinzin, oltre ovviamente al presidente dell’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba, Sergio Marinoni), è in Italia per una serie di iniziative benefiche con lo scopo di raccogliere fondi per l’acquisto di farmaci antitumorali per i bambini di Cuba (domenica scorsa ha dato il calcio di inizio a un incontro della Nazionale cantanti a San Donà di Piave).
BIOGRAFIA Sotomayor ha raccontato la sua storia, descrivendo il sistema sportivo e scolastico del proprio Paese e non lesinando negli aneddoti: «A 10 anni l’alto non mi piaceva, mi faceva paura: poi, grazie alla mia famiglia e anche a uno psicologo, ho superato questo blocco e già a 14 saltavo 2.00 e a 16 arrivai a 2.33». Parlando dei suoi record Javier ha spiegato come «la concorrenza e la densità di atleti a 2.40 tra gli Anni Ottanta e gli Anni Novanta sia stata una fortuna: grazie a loro e alla mia voglia di essere il migliore sono arrivato a 2.45».
ISPIRAZIONE Nei suoi primati c’è anche un pizzico di Italia: «Una mia prima fonte di ispirazione tecnica è stata Sara Simeoni». Quello che è seguito è stato un “fuoco di fila” di domande, durato oltre un’ora e mezza: ecco i principali temi toccati dal campione.
Su Mutaz Barshim e Bohdan Bondarenko: «Due anni fa avrei detto che era più forte l’ucraino, oggi invece vedo meglio Barshim che è anche un amico (durante l’intervento ha mostrato un messaggio di auguri di compleanno del qatariota, ndr)».
Sul 2.45 di Salamanca: «Durante quel salto effettuai anche una piccola correzione in volo, non credevo restasse imbattuto così a lungo».
SACRIFICI Sui sacrifici di una vita da primatista del mondo: «La vita privata è fortemente condizionata da un’attività di questo livello: all’inizio ho sofferto la lontananza dalla mia famiglia, poi quella da mia moglie e dai miei figli. Poi chiaramente come ogni cubano che si rispetti mi sono mancate le fiestas (ride, ndr)».
TECNICI Sull’importanza del feeling con l’allenatore: «La morte di José Godoy nel 1990 (fu poi sostituito da Guillermo de la Torre, ndr) fu un duro colpo per me, ci vollero quattro anni per salire da 2.44 a 2.45. Probabilmente con lui in vita in quei primi anni Novanta sarei arrivato anche più in alto».
DOPING Sul doping: «Non ho mai usato sostanze, la positività nel 2001 (al nandrolone, ndr) se fosse corrisposta a un reale utilizzo di doping sarebbe dovuta emergere anche nei controlli successivi eppure così non fu. Non so se il doping fosse pratica frequente negli anni 80 e 90: posso solo dire di essere sempre stato pulito e di essere favorevole alle proposte del nuovo presidente IAAF Sebastian Coe».
ITALIA Sull’Italia: «Mi piace molto questo Paese, assieme alla Spagna è la nazione europea che preferisco. Gareggiai per la prima volta in Italia nel 1984 ed ebbi modo di saltare pure all’Arena di Milano».
IL PALMARES DI JAVIER SOTOMAYOR (nato a Limonar, Cuba, il 13 ottobre 1967).
Medaglie olimpiche: oro a Barcellona 1992, argento a Sydney 2000. Medaglie ai Mondiali: oro a Stoccarda 1993 e ad Atene 1997, argento a Tokyo 1991 e a Goteborg 1995. Medaglie ai Mondiali indoor: oro a Budapest 1989, a Toronto 1993, a Barcellona 1995 e a Maebashi 1999, argento a Parigi 1985, bronzo a Siviglia 1991. Medaglie ai Giochi Panamericani: ori a Indianapolis 1987, L’Avana 1991 e Mar del Plata 1995. Titoli giovanili: campione mondiale Juniores ad Atene 1986. Record del mondo: 2.43 (Salamanca, 8 settembre 1988), 2.44 (San Juan, 29 luglio 1989), 2.45 (Salamanca, 27 luglio 1993).
Ufficio Stampa Fidal Lombardia