COLOGNO MONZESE – Giovedì 25 maggio 2017, alle ore 21.00 su Premium Sport è andato in onda l’incontro tra il talent di Premium David Trezeguet e l’ex attaccante, tra le altre, di Roma, Fiorentina, Bayern Monaco e Verona Luca Toni, sesto appuntamento del format “9 – storie di bomber”, nel quale l’ex campione bianconero incontra i grandi attaccanti della del calcio di ieri e di oggi.
Di seguito il virgolettato dell’intervista:
Sul Vicenza, dichiara: «È stata un’esperienza bella, nonostante la retrocessione, perché è stato il mio primo anno in Serie A. Era tutto nuovo per me, ho giocato contro campioni che vedevo solo nelle figurine. All’esordio ho affrontato Maldini e Costacurta, delle leggende».
Sul Brescia, dichiara: «È stata la prima volta in cui ho giocato con dei campioni come Baggio e Guardiola. Baggio arrivava sempre per primo al campo e andava via per ultimo, Guardiola mi disse che se avessi voluto poteva fermarsi a farmi dei cross dopo gli allenamenti. Loro mi hanno insegnato l’umiltà nel calcio. A Brescia il mister Mazzone è riuscito a farci rendere al massimo anche perché era una Serie A più forte rispetto a ora. Ci siamo tolti delle soddisfazioni, giocavamo un buon calcio e io sono riuscito a segnare anche per la bravura dei miei compagni».
Sul trasferimento al Palermo, dichiara: «Sono sempre stato un impulsivo e andavo molto a sensazioni. Dopo il secondo anno a Brescia con problemi fisici volevo cambiare aria. Avevo qualche richiesta in Serie A ma mi chiamò Zamparini e non so perché mi venne voglia di andare al Palermo. Sarei sceso in Serie B ma ero sicuro che avremmo vinto e sarei tornato in A con una squadra forte e una proprietà che aveva voglia di investire. La scelta di Palermo è stata la mia fortuna. Il primo anno è stato incredibile, erano più di 30 anni che il Palermo non andava in Serie A. In B avevamo una squadra più forte delle altre e la città giornata dopo giornata diventava sempre più pazza ed entusiasta. Al sud la gente ha un calore speciale, non ti lascia vivere perché ti ama troppo. Mi piacciono le piazze calde, gli stadi pieni, dove c’è pressione. A Palermo come in altre piazze sapevo che a ogni gol impazzivano tutti e questa cosa mi caricava. Oggi a molti giocatori manca la personalità: preferiscono piazze con meno gente e meno pressione. Per me segnare in uno stadio pieno era la cosa più bella».
Sul passaggio alla Fiorentina, dichiara: «Dopo due anni di Palermo dove eravamo entrati nella storia non c’era più la fiducia di prima, ma io mi sentivo molto bene, avevo raggiunto anche la Nazionale e arrivò l’offerta della Fiorentina che mi voleva a tutti i costi. Stavo bene, Prandelli costruì una squadra che giocava per me e anche in viola è stata un’altra annata memorabile. Mi sentivo uno degli attaccanti più forti in Italia ma anche in Europa, anche perché giocavo in una Nazionale fortissima che infatti vinse il Mondiale del 2006. Iniziai a capire la mia forza: un attaccante forte è quello che tutti gli anni fa tra i 15 e i 25 gol. Da lì poi è stata un’altra carriera, hanno iniziato a conoscermi in Europa e a livello mondiale».
Sull’avventura al Bayern Monaco, dichiara: «Sentivo il bisogno di vincere, avevo 28 anni e avevo questa grande voglia. Dopo Calciopoli la Fiorentina aveva 18 punti di penalizzazione e allora con i Della Valle abbiamo fatto un patto: io sarei rimasto un altro anno per aiutare la squadra e dopo avrei scelto dove andare. E così è andata, sono stati di parola. Già dalla primavera ero andato a visitare la città di Monaco, Rummenigge e Beckenbauer erano venuti a casa mia perché mi volevano fortemente. Io volevo andare in una squadra forte per vincere subito e scelsi il Bayern. Mi hanno messo tutto a disposizione, mi hanno dato un traduttore italiano e poi ho avuto la fortuna di partire bene. I gol hanno aiutato il mio inserimento anche perché arrivavo da campione del mondo. Sono stati molto ospitali, mi hanno voluto bene forse anche perché ero diverso dal tipico giocatore tedesco che è sempre serissimo. Io e Ribery siamo stati amati subito perché abbiamo portato il ‘casino’ in uno spogliatoio di seri. Sono stati due anni e mezzo fantastici, ho legato con tutti i miei compagni. Il primo anno ho vinto tutto, campionato, coppa di Germania, Supercoppa, classifica marcatori: sono partito col botto»-
Sul ritorno in Italia, dichiara: «Io sarei rimasto per molto tempo a Monaco ma il problema è che arrivò Van Gaal che è un allenatore con cui o ci vai d’accordo oppure no. Lui odia i latini e i sudamericani. Arrivò il primo giorno e disse subito a Lucio di andare all’Inter e a me disse che dovevo parlare solo tedesco, perché voleva subito litigare. Ho avuto un pessimo rapporto con lui nonostante abbia preso giocatori bravi come Robben. Io non giocavo mai, volevo fare il Mondiale del 2010, mi volevo la Roma che era una piazza che mi piaceva molto e decisi di andare lì. Ho parlato con il Bayern che mi lasciò partire in tutta tranquillità».
Sulla Roma, dichiara: «L’avventura a Roma è il più grande rimpianto di tutta la mia carriera perché ho rischiato di vincere lo Scudetto. Sono arrivato a gennaio che eravamo sesti e abbiamo fatto una cavalcata pazzesca, abbiamo superato l’Inter ma purtroppo abbiamo perso il campionato per la sconfitta con la Samp. Però ho visto l’entusiasmo di una città e ho capito perché si dice che a Roma se vinci poi sei a posto per 10 anni: è una piazza che ti esalta».
Sul mondiale vinto nel 2006, dichiara: «Quando sei un bambino il sogno è giocare in Serie A, figuriamoci vincere un mondiale. Non c’è nessuna coppa più importante della Coppa del Mondo. Siamo partiti tra lo scetticismo generale, dopo Calciopoli non volevano Lippi sulla panchina, non volevano Buffon e Cannavaro e forse questo ha unito ancora di più il gruppo. Lippi ci aveva dato grande sicurezza, poi man mano che vincevamo è cresciuto l’entusiasmo. Abbiamo vinto un trofeo grandissimo e inaspettato per molti ma non per noi: sapevamo che saremmo arrivati fino in fondo».
Sulla Juventus, dichiara: «Come al Bayern, sono arrivato in una società in cui ti fanno capire che se non si vince si cambia. Io non sono arrivato negli anni migliori, ho fatto sei mesi di Delneri e sei di Conte ma ho visto una società che stava iniziando a lavorare bene».
Sul Verona, dichiara: «Verona è stata la mia seconda giovinezza. Dovevo smettere, mi avevano dato per finito ma volevo deciderlo io quando farlo. Ho avuto la fortuna di trovare una società che mi voleva tantissimo ed è iniziato questo percorso di tre anni fantastici. Salvarsi e vincere la classifica marcatori a 38 anni è stato incredibile, una delle cose più belle della mia carriera. Vincerla contro attaccanti fortissimi come Higuain e Icardi è stato bello e forse è anche questa cosa che mi ha legato molto alla città, alla società, ai tifosi. Il presidente mi ha dato questa bella opportunità di fare il dirigente ed è una cosa che mi piace molto». (Direzione Comunicazione e Immagine Mediaset)
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