ROMA – Si è concluso domenica 16 ottobre 2017 presso il campo Pio XI dei Cavalieri di Colombo in via Santa Maria Mediatrice a Roma lo Special Olympics Unified Football Tournament, il torneo di calcio a 5 unificato denominato “Change the Game“, un claim che incarna un invito all’azione che nasce dal campo di gioco per lanciare un messaggio, oltre lo sport, di gioia e di speranza.
Centoventi atleti con e senza disabilità intellettive, venuti da ogni parte d’Europa, sono stati protagonisti di un evento sportivo di caratura internazionale, ma non solo, sono stati anche promotori di un cambiamento culturale: le persone con disabilità intellettive oggi non sono più chiuse in casa o negli istituti, non sono più esonerate dall’attività fisica, anzi scendono in campo perché meritano di vivere pienamente così come chiunque altro.
Tanto è stato fatto, e Special Olympics con più di 5.350.000 atleti e partner coinvolti nel mondo lo dimostra ma ogni qual volta si presentano stereotipi e pregiudizi, purtroppo ancora all’ordine del giorno, si compiono, tra frustrazioni e sofferenze, centinaia di passi indietro nel percorso che Special Olympics sta compiendo con lo sport da 50 anni a questa parte. Quale può essere allora la soluzione?
«L’unica cosa da fare in fondo – lo ha detto ripetutamente in questi giorni Tim Shriver, Presidente mondiale di Special Olympics e figlio di Eunice Kennedy, colei che nel 1968 fondò il Movimento – è uscire di casa e andare a giocare; questo è l’unico modo per realizzare i nostri sogni».
Ed il sogno di Special Olympics è quello di vivere in una società totalmente inclusiva dove non ci sia “più nulla di speciale” nel praticare sport unificato, nel condividere la propria vita, dentro e fuori il campo sportivo.
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