COLOGNO MONZESE – Domenica 7 ottobre 2018, nel corso del programma “Pressing”, in onda alle ore 23.30 su Canale 5, è intervenuto l’ex C.T. della Nazionale Italiana Gian Piero Ventura, ospite in studio.
Sull’Inter, dichiara: «Ha vinto una gara non facile perché ha incontrato la miglior Spal della stagione. Andare a vincere su quel campo e dopo aver subito il pareggio è stato un grande segnale. Credo che abbia ancora ampi margini di miglioramento ma la prima mezz’ora è stata da squadra importante».
Sulla forza della Juventus, dichiara: «La Juve non molla niente, ha grinta e sacrifico abbinati a qualità assolute, perché senza qualità non si vince. Il primo tempo con l’Udinese è stato quasi imbarazzante, per la differenza tra le due squadre. E’ vero che la Juve è partita con il diritto e il dovere di essere la favorita assoluta ma penso che questo campionato sia diverso rispetto a quello dello scorso anno. Non so se sia la Juventus più forte di sempre ma è sicuramente la rosa della Juve più forte di sempre. Su questo non c’è il minimo dubbio: se guardiamo la panchina della Juventus ci sono almeno sette giocatori che sarebbero potenziali titolari nelle altre migliori squadre della Serie A».
Sul nuovo ruolo di Insigne, dichiara: «Quando ero in Nazionale i problemi erano altri, chi pensava che il problema fosse se giocava oppure no Insigne era fuori strada. Quella di Ancelotti è stata un’ottima intuizione, prima Insigne faceva soprattutto assist, oggi invece fa soprattutto gol. Ma dietro a questa intuizione ci sono quattro mesi di lavoro, non certo le 48 ore che si hanno in Nazionale: le chiacchiere quindi se le porta via il vento, conta aver la possibilità di poter lavorare. Dopo le ultime due gare della Nazionale nessuno parlava di Insigne o per lo meno non in questi termini: bisogna essere un attimo coerenti. In questo nuovo ruolo ha sorpreso tutti, questo significa che è stata un’intuizione e bisogna dire bravo all’allenatore. Il Napoli sta facendo bene ma l’anno scorso ha fatto 91 punti, non parliamo di un exploit».
Sul Napoli di Ancelotti, dichiara: «Ho visto il Napoli contro il Torino e nella prima mezz’ora poteva chiudere la partita. Gioca un calcio vero, era una squadra piacevolissima da vedere con Sarri e lo è anche ora con Ancelotti che sta coinvolgendo tutti e sta facendo felice De Laurentiis. Il problema sono i sei punti di distacco dalla Juve che per me sono già troppi. Quando ero a Napoli mancava tutto, non c’erano neanche i campi, ci allenavamo nelle aiuole. Se in pochi anni passi dalla Serie C alla Champions e crei una mentalità bisogna fare i complimenti a De Laurentiis. Io poi sono barese di adozione e ora che ha preso il Bari spero possa fare lo stesso».
Sulla possibilità di convocare Allan in Nazionale, dichiara: «L’Allan di quest’anno è completamente diverso da quello degli scorsi anni: ora è un giocatore maturo, consapevole e determinante nel suo ruolo. Se fosse possibile sarebbe un grande colpo per la Nazionale».
Su Cutrone paragonato a Inzaghi, dichiara: «Secondo me ha grandissime prospettive per il futuro. Il paragone con Inzaghi non è azzardato perché ha movenze, intuizioni e lettura dei tempi della palla importanti. Non lo conoscevo come giocatore e mi ha sorpreso perché raramente sbaglia una partita. Entra e fa gol oppure è pericoloso. Penso sia molto positivo per il futuro dell’Italia».
Su Balotelli che poteva essere convocato in Nazionale in caso di qualificazione ai Mondiali 2018, dichiara: «C’era il tentativo di volerlo recuperare. Sono andato a parlarci e gli ho detto queste cose. Ma questo è successo prima della sfida contro la Spagna».
Su Chiesa e Immobile dichiara: «Chiesa con noi aveva fatto gli stage. Sta crescendo mese dopo mese, il Chiesa dello scorso anno era al 50% di questo. Ha una crescita continua, è un talento e ben venga anche lui. Immobile ha avuto una partenza non buonissima però si sta riprendendo. Da quando è stato capocannoniere al Torino ha continuato a mantenere ritmi altissimi a livello di gol. Parliamo di un giocatore che si sta confermando e Mi auguro per il bene di Mancini che si confermi anche in nazionale perché ne ha bisogno».
Sula sfida con la Svezia, dichiara: «Sì ci ripenso ma non nel senso che magari si può pensare. Molti ripensano alla partita con la Svezia, io penso a quello successo prima di quella sfida. Siamo arrivati alla partita con la Spagna dopo 8 vittorie e 2 pareggi con Spagna e Germania, con 14 giocatori che avevano esordito e con gli stage dove molti giovani si sono avvicinati alla magli azzurra. Tutto questo prima della Spagna perché prima della Spagna io ero l’allenatore della Nazionale. Poi abbiamo perso contro la Spagna ma era uno scenario prevedibile: in quel momento loro erano una delle squadre più forti del mondo e tutti dicevano che molto probabilmente saremmo andati ai playoff. Poi quando è successo questa cosa non è stata più accettata. Mi sono dato un’infinità di colpe personali quando ho capito che non ero più l’allenatore e avrei dovuto lasciare molto prima. Le colpe sono state anche di aver accettato delle situazioni che ritenevo inaccettabili. Ad esempio, quando sono stato delegittimato, nel momento in cui sono stato nominato il nuovo CT. Ma non è una critica, è una constatazione di quello che è avvenuto. Le gare con la Svezia sono state due sfide in cui non abbiamo subito neanche un tiro, dove abbiamo sbagliato gol a porta vuota e preso pali a portiere battuto. Ma nel calcio ci sta non ottenere il risultato, è il come ci siamo arrivati che non è andato bene: non c’erano i presupposti per una vittoria. Io dopo la Svezia ho sentito alcuni giocatori come Buffon. Per me è stata una ferita umana perché quello che è successo dopo è stato grave. Sono state dette un sacco di falsità, come che sono scappato dal ritiro e altre cose terrificanti. Non ho querelato perché era un momento in cui non avrebbe avuto senso. Nei tre mesi successivi ho provato una grande sofferenza interiore. Ho accettato la Nazionale per amore della maglia azzurra, ho rifiutato altre offerte importantissime di società di prima fascia. Non rifarei assolutamente questa scelta, non la rifarei da italiano e da chi ha sofferto per la Nazionale. Con Lippi sarebbe stato diverso, non mi avrebbero delegittimato. Ma ormai è il passato, ho visto Mancini e gli ho fatto l’in bocca al lupo perché ne ha bisogno. Il tempo adesso sta spiegando che è un sistema difficile. Abbiamo un’infinità di giovani potenzialmente forti, come Chiesa, Bernardeschi e Barella, ma il vero problema è il sistema che rende difficile tutto questo. Oggi non ci sono più i blocchi di una sola squadra, adesso quando va bene abbiamo due giocatori per squadra che giocano in maniera diversa e si ha poco tempo. La sconfitta con la Svezia ha un valore epocale, su questo non c’è dubbio. Devono essere accettate anche le critiche più accese ma non va offeso l’uomo. Non c’è stato rispetto e questo un po’ mi ha ferito. In quei momenti mia moglie mi è stata molto vicino»
Sul futuro e sulla voglia di tornare ad allenare, dichiara: «Mi auguro che la mia carriera non sia finita. Non posso pensare che due sconfitte cancellino 35 anni della mia vita. Non posso pensare che attenuino la mia voglia. Ho grande voglia di tornare in campo per dare risposte, ho delle scariche di adrenalina pazzesche. Ho ricevuto delle proposte, adesso vediamo. Ho fatto un’estate lunga e preferisco non ripetere questa esperienza».
Sul Mondiale, dichiara: «Il Mondiale ha dato un sacco di risposte, non credo ci sia stato un calcio straordinario ma ha spiegato molte cose. Ha spiegato cosa significa delegittimare un allenatore come è successo a Sampaoli, ha spiegato che cacciare un CT il giorno prima del Mondiale destabilizza una delle nazionali più forti al mondo. Nel calcio le parole hanno un senso ma i fatti sono altri». (dichiarazioni pervenute da Direzione Comunicazione e Immagine Mediaset)
Gian Piero Ventura Gian Piero Ventura Gian Piero Ventura Gian Piero Ventura Gian Piero Ventura Gian Piero Ventura Gian Piero Ventura Gian Piero Ventura Gian Piero Ventura Gian Piero Ventura Gian Piero Ventura