FOCUS: Pettinau
MARCELLO PETTINAU: «HO TANTA VOGLIA DI RIMETTERMI IN DISCUSIONE AIUTANDO LA FIN SARDEGNA»
CAGLIARI – La parentesi forzata di riflessione a cui gran parte della popolazione mondiale è stata costretta ad aprire, porta con sé anche effetti benefici. Rivangare il passato, per esempio, sollecita l’affiorare dei ricordi belli e brutti che aiutano anche ad uscire meglio dal fermo Covid-19. Esaminando il settore Pallanuoto, in cui il contatto fisico è parte integrante del gioco, è indubbio che quando riaprirà il sipario dovranno essere studiati degli accorgimenti ben precisi atti a tenere alta la motivazione tra i tesserati.
Una chiacchierata con Marcello Pettinau, faro della disciplina grazie ai suoi record personali inanellati (ancora da eguagliare) in qualità di tecnico, può aiutare il movimento natatorio sardo a comprendere come pungolare a dovere gli agonisti. Marcello è l’unico allenatore nostrano ad aver compiuto l’impresa di portare un club sardo nella massima serie maschile. Inoltre, mai nessun altro in Italia è riuscito ad allenare contemporaneamente una A2 maschile, una A2 femminile e un intero settore giovanile.
Problemi seri di salute lo costringono a stare affacciato alla finestra in attesa di tempi migliori. Lui che è riuscito ad illuminare a giorno il feudo pallanuotistico sardo continua ad essere pervaso dalla passione, sempre più ardente nonostante il lungo periodo di inattività. Le idee per rilanciare il movimento non gli mancano e sarebbe onorato di dar vita ad un proficuo rapporto con il presidente del Comitato Regionale FIN, Danilo Russu, e il consigliere di settore, Riccardo Toselli. Ma l’intero consiglio regionale è pronto a dare il suo placet in vista di una collaborazione tecnica che sia capace di maturare un serio progetto di rinascita.
«Questo Comitato è per la cooperazione – conferma Riccardo Toselli – e l’unico modo per uscire definitivamente dalla stagnazione è proseguire con impegno e costanza nella condivisione di talenti, maschili e femminili, dando continuità al lavoro iniziato con rappresentative e squadre miste che hanno coinvolto le categorie giovanissimi (under 11 e under 13)».
Un’iniziativa che fa il paio con il disegno di coach Pettinau risalente a diversi anni fa e attualmente messo in pratica da Sicilia, Campania. Ma anche la Sardegna, evidentemente, non è digiuna, dal momento che ha attivato una squadra under 14 maschile infarcita con giocatori di varie società. Ma si ripongono tante aspettative nella crescita del vivaio femminile che sta trovando sfogo nel campionato a squadre miste under 13 dove le piccole atlete giocano assieme ai loro coetanei maschi.
«Collaborare con la Federazione rappresenterebbe per me un riscatto personale – confida Marcello Pettinau – ma soprattutto vorrei far capire come ciò che predico da anni sia la strada giusta, non si può crescere tirando su un piccolo orticello, bisogna affidarsi al consorzio, collaborando tra società per un unico intento».
Ci spieghi in cosa consiste esattamente il tuo progetto?
«Lo coltivo dal 2010, da quando io e miei ragazzi conquistammo la storica promozione in A1 con la Promogest. Vorrei far collaborare tutte le società sarde così da avviare una campagna di coordinamento da una durata minima di tre anni, ma se si arrivasse fino a sette sarebbe ancora meglio. Il mio collega allenatore Stefano Piccardo l’ha già avviato da qualche tempo in Sicilia riuscendo a fare rete con le società di Trapani, Siracusa, Catania, Palermo. Due volte al mese organizzano allenamenti collegiali dove i pari età si ritrovano tutti insieme: così facendo il livello tecnico cresce in maniera esponenziale».
Non è per nulla semplice…
«E’ un processo che richiede tempo ma non è proibitivo. In questa maniera ciascuna società, dopo precise indicazioni scaturite da riunioni collettive, curerebbe una determinata rappresentativa regionale composta dai migliori atleti della stessa categoria: in tal modo si avrebbero maggiori chance di farsi valere in contesti più importanti. La buona riuscita è legata ad una programmazione ben definita, rafforzata dalla presenza di tecnici competenti che sappiano gestire nel migliore dei modi allenamenti e tecnica con l’ausilio anche di documentazioni filmate e altre specifiche attrezzature».
Tutto dipende dalla materia prima..i giovani
«Trattenere i ragazzi in piscina per un allenamento di almeno due ore è impresa complicata. Si sa che al giorno
d’oggi le distrazioni sono tante. Tutto sta nel saper accendere la scintilla della passione, trasmettere i giusti stimoli con regole ben definite, spirito sportivo e umiltà. Elementi importanti che potrebbero favorire un interesse smisurato per la disciplina. Sono ottimista e positivo, ma ci vuole tanta pazienza. Voglia di lavorare con i giovani, motivazione e passione. Quando il programma è serio i risultati arrivano per forza. Il tutto con la piena disponibilità delle società».
Qual è l’età migliore per rifondare il tutto?
«La Sardegna ha un buon bacino. Ma è da riformare totalmente. Femminucce e maschietti di undici anni sono il vero filone aureo. E con loro si dovrebbe applicare il concetto di multidisciplinarietà. Cioè instradare le ragazze sia alla pallanuoto, sia al sincronizzato. Con i maschietti, invece, allo sport con la palla si affiancherebbe il nuoto. E curando tecnica, impostazione tattica, palleggi e movimenti, nel giro di tre/quattro anni sono sicuro che disputerebbero una serie C di vertice togliendosi tante soddisfazioni. Alle riunioni collegiali devono partecipare gli allenatori. Tutti nel bordo vasca, ognuno col proprio bagaglio d’esperienza da mettere a disposizione di tutti».
Andiamo più nei dettagli
«L’obiettivo finale determina i contenuti e gli obiettivi particolari durante il corso degli anni. Inizialmente è necessaria un’attività propedeutica che ponga in primo piano l’acquisizione di un voluminoso repertorio di movimenti, sottendente ad una formazione multilaterale. Questo percorso consentirebbe la realizzazione di un bagaglio motorio basato sugli schemi motori di base, indispensabile per gli ulteriori apprendimenti».
E per quanto concerne la multilateralità?
«Per multilateralità si intende, inoltre, la molteplicità di attività e contenuti motori che si sviluppano nel tempo attraverso tre momenti».
Quali sono?
«1 – formazione multilaterale generale (estensiva) 8-11 anni: che ha per obbiettivo l’incremento delle capacità funzionali generali di rendimento dell’organismo (sviluppo delle capacità condizionali e delle capacità coordinative di base);
2 – formazione multilaterale speciale (intensiva orientata) 12-15 anni: che ha l’obbiettivo di promuovere attraverso l’adozione di diversi mezzi speciali, lo sviluppo delle capacità maggiormente richieste per la/e specialità.
3 – formazione multilaterale (intensiva mirata) 15-17 anni».
Che tipo di frutti si potrebbero generare?
«La pratica di attività multilaterali produrrà una ricchezza di esperienze, che determinerà apprendimenti significativi, i quali, immagazzinati nella memoria motoria, amplieranno le funzioni motorie producendo nuove abilità. Il risultato sarà quindi un gesto economico, in quanto il ragazzo potrà scegliere, dal proprio patrimonio motorio, il movimento più efficiente, ciò lo renderà più sicuro e lo porterà al miglior rendimento».
Per intraprendere queste azioni occorrono luoghi ad hoc
«Altro aspetto importante, indubbiamente è dove tenere gli allenamenti. Non ci si può accontentare di dimenarsi nelle corsie. Servono spazi appositi per i circuiti, con l’utilizzo di almeno quattro porte. Il sabato e la domenica sono i giorni ideali per convocare i raduni collegiali, sempre che il calendario agonistico lo consenta. Solo così la qualità cresce. Nei tempi gloriosi ero riuscito ad ottenere aree idonee dove potevo far esprimere al meglio i miei giocatori. Li dividevo per ruoli e settori, avevano il tempo di affinare muscolatura con sedute in palestra e fondamentali, migliorare resistenza, forza e velocità e potenza con palle medicinali, elastici, giubbottini con pesi etc, etc…»
Col settore giovanile hai vinto tanti titoli giovanili
«Si, i tanti sacrifici sono serviti a qualcosa. Ricordo che nello stesso week end seguivo A2 maschile, A2 femminile e poi la domenica mi buttavo a capofitto con le giovanili che in fondo mi regalavano soddisfazioni inestimabili. Nel 2016, venti giorni dopo che ho subito un intervento chirurgico serissimo, ero di nuovo in mezzo ai ragazzi. Quello che ti trasmettono loro non ha nulla a che vedere con il professionismo. Per questo do la massima disponibilità a Danilo Russu. Sarei disposto a portare palloni e calottine, conscio che anche il settore femminile abbia tanto da dire e dimostrare. Quello che ho fatto con la maschile mi piacerebbe farlo anche con le ragazze, sono sicuro che certi risultati si raggiungerebbero ancor più velocemente».
Per vent’anni hai lavorato duro sul bordo vasca
«Con le giovanili sono cresciuto con Esperia Cagliari e Rari Nantes Cagliari partecipando a diversi collegiali. Diventato nuovamente esperino ho affrontato le serie C e B. Durante il servizio militare feci parte dei sedici che componevano la rosa delle prestigiose Fiamme Oro, in serie A1. Tornato in Sardegna costruisco un bel gruppo che con gli anni arriva a contare anche una novantina di atleti. Dal 2003 al 2011 le mie squadre sono state leader a livello giovanile maschile. Ci sono state delle stagioni in cui abbiamo realizzato la cinquina. I più talentuosi, appassionati e coretti han formato il gruppo che ci ha portato, con innesti di spicco italiani e stranieri, a fare quello che abbiamo fatto».
Poi due anni indimenticabili in serie A1 maschile
«Il girone d’andata da matricole è stato traumatico, ci siamo ritrovati al penultimo posto. Il tiro è stato aggiustato grazie al cambio dello straniero: viene rispedito al mittente l’attore americano Shea Buckner e al suo posto arriva il croato Igor Racunica. E così siamo risaliti fino al sesto posto, utile per disputare i play off scudetto. Dove ce la vediamo con la squadra più titolata al mondo, la ligure Pro Recco, vincitrice degli ultimi quattordici campionati disputati. E in quell’occasione, nonostante la doppia sconfitta, ci siamo distinti molto bene».
Particolari da ricordare in quegli anni?
«Sono stato tra i primi allenatori in Italia ad organizzare le sedute video del lunedì per analizzare nei dettagli la partita del fine settimana. E il venerdì studiavamo pure le contese degli avversari di turno. Il segreto di quell’escalation fu l’aver formato un gruppo molto affiatato, quasi familiare dove la reciproca stima tra giocatori era verace. Non ci si vedeva esclusivamente in piscina, ma si organizzavano uscite collettive nel tempo libero: passeggiate, cinema, cene. All’epoca coinvolgevamo anche i club isolani che a turno venivano in piscina per gare di allenamento. Siamo stati noi i traghettatori di questo sport».
Poi è finito tutto
«Sono cominciate le restrizioni per mancanza di sponsor e purtroppo non era stato messo in pratica quello che avevo chiesto negli anni precedenti, cioè il consorzio con altri vivai di club sardi. Di qui la costituzione di un buon team per la serie B capace di sfornare validi prospetti da utilizzare in A2. Gli stessi, poi, inseriti gradualmente nel roster di A1, ci avrebbero consentito di valorizzare forze autoctone. A parte una questione di orgoglio sardo, il loro innesto ci avrebbe evitato di ricorrere al salatissimo mercato nazionale e internazionale. Vedere crollare nel giro di due anni quel bell’impianto, per me è stata una sconfitta. Passino i costi, le trasferte, però a livello regionale non è rimasto niente».
Come vedi attualmente lo stato di salute della pallanuoto sarda?
«Qualche mese fa sono andato a vedere partite amichevoli sia alla Rari Nantes (dove allena il mio ex atleta Giuseppe Postiglione), sia in altre piscine. In quelle occasioni ho notato prospetti molto interessanti anche in casa Atlantide, Esperia, Acquasport e Promosport. Sono però cattedrali nel deserto nel senso che se queste eccellenze non sono circondate da atleti che le possano dare un idoneo supporto, c’è il rischio che si disamorino, evitando di completare la loro crescita».
Adesso è tutto fermo causa pandemia
«La situazione è ancora molto seria. Una ripresa vera e propria nelle piscine la vedo molto lontana. Con la tempistica è difficile fare previsioni. E poi con la pallanuoto, sport di contatto è ancor più complicato. Subito dopo l’ok del 4 maggio si dovrebbe ripartire con un po’ di attività fisica. Se non aprono subito le piscine l’ideale è rigenerarsi con amichevoli di pallacanestro e pallavolo: situazioni ideali per ricreare l’ambiente e riabituarsi al clima agonistico. L’importante è movimentare un qualcosa che accomuni tutte le società; con l’estate alle porte vedrei bene qualche torneo all’aperto (Rari Nantes) o magari, perché no, in mare. Ovviamente la componente entusiasmo e divertimento dovrà essere preponderante. Si deve ricominciare subito a programmare e definire qualcosa».
Questo stop non ci voleva proprio
«Si prova grande tristezza, delusione e personalmente sono molto preoccupato: non credo avrà dei risvolti positivi. Vengono bloccate improvvisamente delle situazioni in cui l’atleta aveva portato a buon punto il proprio percorso. Ciò comporta anche la perdita di sicurezze e fiducia in un momento delicato qual è la crescita atletica, specie dei più giovani. E nella ripartenza si deve stare molto attenti perché si corre il rischio di ritrovarsi con il collettivo decimato perché magari in tanti hanno abbandonato e questo potrebbe capitare nelle categorie intermedie come under 15 o under 17 ma anche nelle prime squadre. Tale ragionamento vale non solo per la pallanuoto ma per tutti gli sport cosiddetti minori».
Ci riaggiorniamo quando inizierà un nuovo capitolo della pallanuoto sarda?
«Si, lo spero con tutto il cuore, per adesso mi congedo con un grande incoraggiamento alla nostra pallanuoto: Forza Sardegna!».
FIN SARDEGNA: LO SPORTELLO DI SUPPORTO PSICOLOGICO FUNZIONA. DIFFUSA ANCHE UNA BROCHURE SEMPLIFICATIVA
Sentirsi pesci fuor d’acqua non è una bella sensazione. Probabilmente chi non è nuotatore stenta a capire cosa significhi fare a meno dell’accadueo, elemento che con le sue moine appaga gli atleti, avvolti da patine confortevoli, foriere di evasioni mentali. La piscina diventa così una rampa di lancio che proietta in altezze immaginarie dispensatrici di leggerezze benefiche. E raggiunti quegli stadi, fisico e mente si trasformano con il contributo essenziale di un respiro controllato.
La FIN sarda si è resa subito conto di come le quattro figure principali che riversano attenzioni sugli specchi d’acqua al coperto (atleti, dirigenti, allenatori, genitori) abbiano accusato un profondo stato di smarrimento in conseguenza dell’improvviso stop pandemico.
Il presidente del comitato isolano Danilo Russu, preso atto del fragile stato umorale collettivo si consulta prontamente con lo psicologo dello sport e psicoterapeuta Manolo Cattari; insieme avviano l’iniziativa chiamata “Nuoto, dunque sono” che si concreta con l’istituzione di uno sportello al quale ci si può rivolgere attraverso la mail su sito nuotosardegna.it.
Ad oggi i risultati sono lusinghieri perché oltre cento addetti ai lavori si sono resi disponibili ad iniziare il percorso. Smascherare gli stati d’animo di ciascun interlocutore non è come sgranchirsi gli arti, ma l’esperto Cattari e il suo staff di collaboratori sanno come dimenarsi tra gli ingarbugliati meandri della mente umana, portando alla luce sensazioni latenti ma preponderanti.
“Iniziamo a vedere un po’ di luce in fondo al tunnel – esclama il presidente FIN Sardegna Danilo Russu – ma in attesa di tempi migliori ben venga qualsiasi strumento che possa servire a scuotere i nostri tesserati. E con Manolo Cattari, che ringrazio per la sua professionalità e lungimiranza, sapevo che almeno virtualmente le acque si sarebbero mosse”.
A supporto dello sportello, il comitato ha redatto una brochure che riporta una serie di consigli pratici su come alleviare la nostalgia da cloro agli atleti. Ma i testi si rivolgono pure a dirigenti, tecnici e genitori affinché facciano la loro parte sostenendo in tutte le maniere possibili i nuotatori.
“Ringrazio il Presidente della Federazione Italiana Nuoto Paolo Barelli – continua Russu – che ha invitato tutti noi a non mollare. E la sua immensa grinta emerge dalle pagine dei principali quotidiani nazionali che riflettono i suoi pensieri a difesa di tutto lo sport italiano”.
LE PRIME SENSAZIONI DI MANOLO CATTARI
Da affermato psicoterapeuta, Manolo Cattari ha capito dai primi istanti che l’obbligo di restare chiusi in casa per lungo tempo avrebbe provocato forti scompensi a chi pratica costantemente delle attività sportive.
Si è seduto nella sua cara scrivania per abbozzare le prime linee di intervento pratiche e chiare che ponessero il giovane atleta al centro delle attenzioni. Non esistendo studi specifici sulle conseguenze psicologhe della quarantena su una popolazione giovane come quella dei nuotatori, Cattari ha abbozzato ruoli e relativi “compiti” da portare avanti in questo angoscioso frangente. Ognuno (tra genitori, dirigenti e tecnici), con la propria responsabilità, gioca un ruolo specifico nel complesso scacchiere psicologico dei ragazzi costretti a casa.
Cattari, anche affrontare certi passaggi richiede temp
«Di sicuro non è tempo perso e tantomeno da riempire. Al contrario è utile per costruire e provare a migliorarsi, ognuno nel ruolo che gli compete, mantenendo il giovane atleta al centro di qualsiasi ragionamento».
Su quali obiettivi lavorano i ragazzi?
«Ogni settimana chiediamo loro un feedback per capire come sta procedendo il training mentale di rilassamento, dalla durata di due mesi, e che riguarda il potenziamento delle proprie competenze mentali nell’affrontare la prestazione. Si aggiunge ai vari percorsi atletici che gli agonisti stanno già portando avanti con le proprie società. In definitiva devo ammettere che partecipano con serietà».
E come stanno rispondendo le società?
«Con molto interesse, cercando di coinvolgere varie figure. Si organizzano gruppi per categorie; con gli allenatori presenti alle videoconferenze si lavora al completo».
Primi riscontri?
«I feedback a carattere settimanale sono puntuali. Il 20 aprile si è raggiunto il numero di 100 atleti coinvolti, di età compresa tra i 13 e i 19 anni».
Descrivici le condotte degli atleti
«Sono motivati nel portare avanti questo percorso. E tendenzialmente consapevoli che la parte mentale sia un fattore centrale della prestazione. Non è una dimensione curata abbastanza e lo ammettono tranquillamente. Il desiderio, espresso da tutti, è quello di rientrare in acqua il prima possibile, ma sentono la necessità di ottimizzare in qualsiasi modo il tempo trascorso fra le mura domestiche, sia coltivando gli affetti, sia la forma». (fonte: da comunicato Uff. Stampa FIN Sardegna)
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