FOCUS: Nicola Pau, Pierluigi Salis e Sesetto Cogoni
CAGLIARI – Storie nuotistiche dagli antipodi dell’isola. Nicola Pau da Cagliari racconta le principali tappe agonistiche e allenatoriali vissute tra Esperia e Promogest. Dal Capo di sopra interviene il tecnico sassarese della Sport Full Time Pierluigi Salis. Con le loro testimonianze, sbocciano spunti utili alla crescita del movimento in un periodo tutto particolare.
UNA VOCAZIONE CHIAMATA NUOTO: L’ESPERIENZA TECNICA ED AGONISTICA DI NICOLA PAU
Quando l’acqua è dispensatrice di dolori, prima, e di tantissime gioie, poi. Nicola Pau deve tanto al liquido che pur non rilasciando odori e sapori nel contempo gli ha segnato l’esistenza. In tenera età aggredisce la pelle del suo braccio destro che nulla può davanti ad un implacabile flusso rovente. Nonostante tutto l’elemento costitutivo dell’universo non viene mai guardato con rancore ma rappresenterà il simbolo da cui ripartire per significative scalate agonistiche.
E nel bel mezzo dell’età adolescenziale un altro urlo di tutt’altra asprezza viene diffuso nell’aere (1989), immediatamente dopo la conquista del titolo italiano di categoria. Seguiranno tante altre tappe significative con l’Esperia Cagliari, a cui si aggiunge la stagione (1994) con la Rari Nantes Torino.
Nel luglio 1999 abbandona le gare e tempo quattro mesi, in qualità di socio fondatore della Promogest, risponde a quella che lui definisce una vocazione, assecondandola con cura verso la raccolta di tanti altri importanti traguardi (da tecnico), dopo innumerevoli maratone perfezionatrici presso il CentroNuoto Quartu. “Far raggiungere il più alto potenziale agli atleti è sempre stato il mio obbiettivo” dice Nicola che sicuramente vive cose incredibili nel quadriennio 2012/2016 quando si ritrova in piscina il timido ma coriaceo Giuseppe Guttuso, che per un niente sfiora la qualifica olimpica di Rio de Janeiro.
Sono appagamenti che arrivano lavorando sodo
E soprattutto facendo tesoro della mia esperienza da nuotatore. Ho cercato di far crescere ogni atleta secondo le sue potenzialità. Al di là del risultato, puoi arrivare anche “ultimo” ma l’aver migliorato la tua prestazione è un dato che riempie comunque il cuore.
Ma grazie al tuo lavoro non ci sono stati solo ultimi tra i tuoi atleti
La prima medaglia d’oro da allenatore è arrivata grazie a Federica Rocca. In quel caso il massimo risultato fece il paio con la massima felicità. Ma ovviamente ho gioito tanto con Giuseppe Guttuso, non solo per aver sfiorato la qualifica, per pochi centesimi, alle olimpiadi brasiliane. Lui ha scritto la storia del nuoto sardo collezionando medaglie internazionali agli Europei, i due bronzi agli assoluti Italiani e i numerosissimi metalli ai Nazionali Giovanili. Nelle ultime due stagioni sono Lorenzo Puddu e Massimo Lai che mi stanno dando grandi soddisfazioni.
I più bei complimenti che hai ricevuto dai tuoi allievi?
Sono stati tanti, diversi l’uno dall’altro. Ogni atleta esprime le proprie emozioni con modalità uniche, talvolta anche dopo diverso tempo. La parola “grazie” è quella che ricordo maggiormente. Ma vorrei pure io ringraziare tutti gli atleti che ho potuto allenare. È stata una crescita anche per me.
Secondo te è automatico che, lasciata la scena agonistica, un nuotatore voglia trasformarsi in allenatore?
Non credo. Fare l’allenatore è molto difficile, soprattutto oggi, devi sentirlo dentro. Nel mio caso è stato naturale.
Cosa provi quando un tuo atleta decide di abbandonare?
Se succede, so per certo che non lo farà in via definitiva. Ovviamente mi dispiace, capisco che sia fisiologico, ma prima o poi ritornerà nell’ambiente, magari ancora da agonista, dopo qualche mese, o da master dopo qualche anno.
Quanto ti ha aiutato la Promogest nel tuo percorso?
Veramente tanto. Tutti i 14 soci lavorano continuamente in sinergia per crescere in ogni settore e migliorare costantemente. Con la grande spinta del nostro Presidente Prof. Paolo Pettinau, nel corso dei 20 anni di attività, abbiamo raggiunto importantissimi traguardi. Basti pensare alle Olimpiadi di Francesca Deidda nel nuoto sincronizzato, alla convocazione europea con la nazionale A di Giuseppe Guttuso nel nuoto, alla storica promozione in serie A1 con la pallanuoto maschile. È bello far parte di un gruppo così.
La tua vita da tecnico come è stata sconvolta dall’emergenza Coronavirus?
Più che sconvolta si è fermata. Come è accaduto a tutti ovviamente. Ma chi è abituato a lavorare, tra allenamenti e gare, spesso 7 giorni su 7, la botta si è fatta sentire. In alternativa sto passando tanto tempo in famiglia, in particolare con mio figlio di 11 anni. Lo vedo crescere ed è una sensazione fantastica.
Torniamo alla tua infanzia. Quel grave incidente domestico è stato determinante
Per recuperare la funzionalità dell’arto, nel 1976 (avevo quattro anni), mia madre scelse il nuoto e mi iscrisse all’Esperia. Ripeteva sempre che l’acqua mi aveva fatto male e che l’acqua mi avrebbe rigenerato. Così fu.
Arrivarono i successi, ma non subito
Sinceramente si sono fatti attendere. Il mio obbiettivo era guarire. Quando a sei anni fui scartato per un cambio di corsia, durante una selezione interna alla scuola nuoto, in me scattò qualcosa. Lavorai più intensamente e nel giro di tre anni recuperai il “terreno” perduto. Verso i 9 anni mi scelsero per fare una garetta. Ci presi gusto. Mi piaceva dare tutto e vincere.
Che sensazioni ricordi
Il primo titolo italiano è uno dei più significativi, voluto infinitamente contro mille ostacoli. Successivamente conquistai i due bronzi ai campionati italiani assoluti. E poi, come non menzionare, nel 1997, la terza miglior prestazione di sempre in Italia nei 100 stile nuotato in vasca corta con il tempo di 49.60. Mi piace ricordare inoltre anche gli oltre 100 titoli regionali assoluti vinti in Sardegna.
Come valuti lo stato di salute del nuoto sardo?
Siamo in una fase transitoria. Il livello tecnico in alcune specialità è calato. In altre, invece, grazie anche a qualche giovane promettente, si è notata una crescita. Il problema è legato alla sempre più fragile e poco costante motivazione che ogni atleta ha nell’organizzare il suo tempo e superare le difficoltà dei nostri tempi. Con la scuola prima, i rientri, i laboratori e poi con l’università, è complicato vedere un bravo cadetto (nuotatore esperto di 18 anni), progredire ulteriormente nella sua formazione e nello sviluppo tecnico.
Hai consigli da elargire al Comitato presieduto da Danilo Russu?
Mi piacerebbe vedere il nostro mondo del nuoto reinterpretato in chiave moderna, rinnovato nella forma ma anche nella sostanza, soprattutto rispetto ad altri sport. È difficile, ma non smetto mai di credere a una gara regionale assoluta, talmente interessante che possa ospitare, oltre agli atleti, i tecnici e i genitori degli atleti, gli appassionati di tutta la Sardegna. Sarebbe un segnale fortissimo.
Un traguardo che vorresti raggiungere?
Lo desideravo come atleta e rimane anche da allenatore: partecipare alle Olimpiadi. Ci è mancato poco con Giuseppe Guttuso. Far qualificare un atleta alla gara più importante del mondo non ha prezzo.
Tra tecnici sardi andate d’amore e d’accordo?
Amore mi sembra una parola esagerata. Sicuramente ci vogliamo bene, ci conosciamo da una vita. Devo dire che dopo una discussione, alla fine, ci troviamo sempre d’accordo. Il ragionamento tecnico punta sempre a un obbiettivo vero e concreto. Questo aiuta. C’è una stima e un rispetto tra tecnici molto alto. Voglio anche sottolineare che il nostro lavoro, pur essendo associato a una disciplina non professionistica ma amatoriale come il nuoto, implica comunque elevate competenze e continui aggiornamenti. Ecco, tutto questo ci unisce. Viva il nuoto!
PARLA IL TECNICO PIERLUIGI SALIS: “IMPOSTANDO IL RAPPORTO SULLA SINCERITA’ SI POSSONO OTTENERE GRANDI COSE”
Il primo impatto con le vasche è stato giocoso e leggiadro. Pierluigi Salis vi si immergeva con il sorriso sulle labbra e badava semplicemente a divertirsi, dispensando scherzi e battute a destra e a manca. Un modo singolare per familiarizzare con la disciplina, senza però erigerla a baluardo imprescindibile della sua esistenza. Questo fino ai sedici anni, perché dopo, gradualmente, cambia mentalità: tutto quello che non aveva preteso per sé stesso lo trasferisce ai suoi piccoli e grandi nuotatori. “Gli impianti sassaresi di Lu Fangazzu e Latte Dolce, da quasi 36 anni, rappresentano la mia seconda casa e dunque la mia vita – narra Pierluigi – in quanto trascorro in piscina quasi dieci ore al giorno. Tutto ciò che riguarda amicizia, lavoro, gioie, dolori e tanto altro sono legate a questi due luoghi”. Del suo rapporto con il nuoto, cominciato all’età di sei anni grazie ai genitori che lo iscrissero alla scuola di avviamento, colpisce la sua fedeltà per i colori della società Sport Full Time Sassari, mai tradita.
“Non sono stato sicuramente un atleta modello – aggiunge – avevo qualità normalissime ma soprattutto spiccavo in vivacità”. Dalla sua postazione a bordo vasca fioccano risultati importanti che se venissero elencati rischierebbe di non ricordarli tutti. Si limita nel sintetizzarli con lo storico traguardo raggiunto nella stagione 2016/2017 con la Serie A maschile, unica società sarda capace di salire nell’élite del nuoto nazionale. E poi le oltre 30 medaglie vinte come allenatore ai Campionati di categoria (7 titoli italiani) e Assoluti. Da non dimenticare la convocazione in Nazionale del suo ex atleta Andrea Farru che partecipò ai Giochi del Mediterraneo nel 2013.
Raccontaci del tuo cambio di mentalità
Il mio allenatore e attuale presidente, Ilario Ierace, aveva preso in gestione la piscina di Ozieri e quindi serviva una mano a Danilo Russu (all’epoca allenatore della Sport Full Time), che mi propose di affiancarlo nell’insegnamento. Da allora non ho mai smesso.
Come sei cambiato negli anni nel tuo rapporto con i discenti?
L’atteggiamento e l’approccio con i ragazzi muta continuamente. Con l’attuale generazione imposto il lavoro focalizzandomi principalmente su questi aspetti: pazienza, empatia, chiarezza e tranquillità. Una caratteristica che ritengo sia alla base di tutto è comunque la sincerità.
Però una situazione emergenziale come questa non l’avevi mai affrontata in passato
Non nascondo che all’inizio dell’epidemia Coronavirus lo sconforto l’ha fatta da padrone. Dopo trentasei anni di “routine” quotidiana (considerando che ci alleniamo sette giorni su sette per circa trecentoquaranta giorni all’anno), stare a casa non è stato facile.
E poi tutto è capitato nella fase clou della stagione
Mancavano pochissimi giorni alle gare, preparate con cura ed impegno. Successivamente abbiamo organizzato degli incontri tecnici con i colleghi allenatori, sia della mia società, sia con altri della Penisola. E non solo: in questo periodo ho anche letto e studiato tanto.
A prescindere dall’emergenza Covid 19 qual è lo stato di salute del nuoto sardo?
Direi che negli ultimi 2/3 anni ha risentito di un cambio generazionale che ha lasciato un grosso vuoto a livello assoluto. Credo che ci sia l’esigenza di collaborare ancora di più tra società, tecnici e Comitato Regionale per dare nuovi stimoli ai ragazzi.
E poi c’è la fase adolescenziale che rappresenta sempre un momento delicato
In questi ultimi dieci anni i ragazzi sono cambiati tantissimo. Soprattutto è diventato complesso gestire il passaggio delle ragazze da “bambine a signorine”. Trascorriamo con loro quasi tre ore al giorno e di conseguenza diventiamo dei punti di riferimento importanti anche dal punto di vista educativo.
Che gli dici solitamente?
Consiglio sempre di fare nuoto agonistico solo se hanno degli obbiettivi che vogliono provare a raggiungere. Pensare di farlo solo per passare del tempo con gli amici, o perché è diventata una routine consolidata, è impossibile. Proprio per questo motivo, superati i 15-16 anni, riscontriamo un tasso di abbandono elevato. Chi non riesce a porsi obbiettivi precisi vede l’impegno agonistico come uno stress anziché considerarlo un momento di divertimento e crescita.
Cosa proponi per dare maggiore impulso alla disciplina?
Penso che dovremmo creare un circuito di gare più divertenti. Immagino dei meeting organizzati dalle società che propongano una scaletta più snella e l’istituzione di premi differenziati da distribuire alle diverse categorie partecipanti.
Qualcosa stava cambiando
Il Comitato in questa stagione era partito alla grande, creando delle rappresentative Juniores, Cadetti e Assoluti che partecipavano a dei raduni nazionali. Se ben ricordate ci trovavamo a Torino con la selezione seniores quando è iniziato l’incubo Coronavirus. Posso approfittare della circostanza per lanciare un appello?
Certo
Siamo stati lontani dal nostro mondo per oltre sessanta giorni, un tempo enorme per le abitudini che ci riguardano. Ma sono convinto che avremo la forza per recuperare il tempo perduto e ritornare più forti e appassionati di prima. Quindi rivolgo un grosso in bocca al lupo a tutti i nuotatori sardi.
Quello degli impianti continua a d essere un problema irrisolto?
Credo proprio di no. In Sardegna ci sono oltre cinquanta piscine dislocate in tutte le province. I disagi affiorano semmai per le manifestazioni. Purtroppo molti di questi impianti, oltre a non essere omologati, dispongono di spalti al limite della regolarità. L’unico con tutti i crismi è quello di Terramaini, a Cagliari, che spesso si trova ingolfato a causa di un calendario nutritissimo. Essendo direttamente gestito dal Comune è soggetto molto spesso a rigide burocrazie penalizzanti.
Sei del Capo di Sopra, come l’attuale presidente FIN Danilo Russu. Il movimento del nord Sardegna si sente più tutelato secondo te con la sua presenza?
No, assolutamente. Danilo in questi anni ha dimostrato di saper svolgere l’incarico che gli è stato affidato con grande imparzialità e con le stesse attenzioni per tutte le realtà della penisola.
Coltivi degli hobby, hai delle passioni particolari?
Diciamo di no. Mi piace passare del tempo con gli amici a prendere qualche caffè e aperitivo: speriamo si possa riprendere subito. Poi seguo un po’ la politica che mi ha sempre affascinato. Concludo ringraziando il Comitato che mi ha dato la possibilità di manifestare i miei pensieri.
SESETTO COGONI: “SENZA COOPERAZIONE LA PALLANUOTO SARDA NON VA DA NESSUNA PARTE”
interpellato anche un super appassionato di pallanuoto: Efisio “Sesetto” Cogoni.
Di seguito le prime parole che vengono in mente a Riccardo Toselli, dirigente di settore del comitato isolano, non appena si fa il suo nome: “Di Sesetto ho tanti ricordi positivi – ricorda Toselli – sin da quando, nel 2001 arrivai in Sardegna per lavoro. Dopo venti minuti di colloquio con lui, a Su Siccu, presso l’impianto della Rari Nantes Cagliari, decisi immediatamente di sposare, con entusiasmo, la sua idea: una squadra che partecipava al campionato di Serie C, la Nuotomania, per lo più composta da giovanissimi atleti di età media 17 anni, il cui unico straniero e fuori quota ero proprio io, con i miei 30 anni. Raggiungemmo lo spareggio per la promozione in serie B contro l’Andrea Doria di Genova, dopo aver addirittura sfiorato per due soli punti la promozione diretta, che andò alla Ferrini Cagliari. Alla fine di quella stagione sportiva fui anche premiato come miglior giocatore, un ricordo che porto ancora con me”.
Passando il testimone al protagonista di questa parte dell’articolo, emerge subito il suo punto di vista sotto forma di accorato appello: “Stracciate vecchi rancori, antipatie, pregiudizi. Affrontate il domani aperti ad ogni suggerimento e confronto, pronti a dare, quanto a ricevere”. L’invito a fumare il calumet della pace non viene da un appassionato qualunque, ma da chi della pallanuoto sarda è un bastione con alle spalle quasi sessant’anni di attività in primissima fila, da giocatore, ma soprattutto in qualità di tecnico e dirigente.
In attesa che i divieti e le uscite a stillicidio cessino gradualmente, Sesetto Cogoni è ben lieto di partecipare al dibattito sul futuro delle calottine isolane.
Per lui un primo traguardo da raggiungere è la qualità del dialogo tra addetti ai lavori: “Dobbiamo sforzarci ad operare con umiltà – dice Cogoni – perché le cose migliori nascono da un confronto paritetico dove nessuno insegna agli altri. Le discussioni, semplicemente, devono vertere sulle esperienze fatte nei vari campi, affinché portino nuove idee ed eventualmente, dopo adeguate sperimentazioni, a modifiche che siano utili all’intero movimento”.
Il massimo, a suo avviso, sarebbe riunirsi durante happening sportivi importanti nei quali poter “fare salotto” con tutte le anime regionali dello sport a sette: “Incontrarci nuovamente numerosi e parlare di pallanuoto, sinceramente, con competenza e senza arroganza, sarebbe bellissimo, magari dopo una partita di Campionato Nazionale con tanto di speaker, presentazione ufficiale, colori sul bordo vasca, musica, premiazioni, tabellone, pubblico. E con chicca conclusiva una partita giovanile seguita con tifo educato e grinta da vendere in vasca, assortita da qualche piccolo campioncino che scalpita per conquistare scenari più importanti”.
Signor Sesetto, tutto questo, forse, è ancora prematuro da poter realizzare
Col tempo si è assistito a graduali trasformazioni. Attualmente è più difficile far lavorare duro i ragazzi, gli allenatori si accontentano di poco e la gavetta è quasi inesistente. Inoltre non ci sono dirigenti nel settore che sappiano inquadrare le problematiche, impostare e condividere linee guida comuni.
Le sue visioni appaiono ragionate..
Se vuole ne aggiungo altre. Non ci siamo adeguati col marketing. Infatti giochiamo ancora senza che pubblico e atleti conoscano il punteggio o il tempo di gara: Paragonato a ciò che vediamo attualmente in televisione, tutto questo è preistoria! E poi i risultati delle nostre giovanili, misurandosi con i pari età del continente, manifestano un evidente e pesantissimo divario.
Ma com’era questo sport quando lei ha cominciato?
Bisogna tornare indietro, fino al 1962, quando cominciai nel campo di Su Siccu, a Cagliari con la Rari Nantes. Passano appena sei anni e mi ritrovo a fare l’istruttore. Ricordo la tanta voglia di studiare, di sperimentare, il desiderio mai sopito di confrontarmi con gli altri e ovviamente con me stesso. Lo spirito di gruppo per me ha sempre significato tanto.
Riassumiamo i momenti felici da coach?
L’anno che mi ha regalato gioie indelebili è stato il 1976. La Rari Nantes Cagliari non vinceva i campionati regionali giovanili da anni ed io esordivo come allenatore nella pallanuoto. Vincemmo bene in Sardegna con gli Allievi (oggi under 17). Seguirono le semifinali e infine, a Roma, le finali nazionali, con otto partecipanti, dove conquistammo la medaglia d’argento battendo in ordine Posillipo, Ortigia, pareggiando col Savona. Unica sconfitta, quella patita contro il Torino. Poi, sempre nel 1976, a Pescara, guadagnammo il quarto posto (su otto partecipanti) nelle finali nazionali GdG (oggi under 14).
E anche in veste dirigenziale ha molto da raccontare
Provo a sintetizzare. Nel 1981 ho ricoperto il ruolo di direttore generale operativo della Rari Nantes. Due anni dopo sono stato nominato vice presidente e DS della RN. E a livello federale membro commissioni FIN Nazionale. Nel 1987 la storica promozione della RN in serie A2 come DS e vice allenatore. L’anno successivo divento presidente Rari Nantes, poi eletto revisore dei conti effettivo della FIN nazionale (ancora non erano necessari i professionisti del settore).
Neppure negli anni ’90 sta a guardare
Nell’era dell’ascesa di Paolo Barelli, l’attuale Presidente FIN, la pallanuoto femminile, dopo pochi anni di attività, partecipa alla serie A. Nel 1992 in corrispondenza della nuova promozione in A2 con la Rari Nantes maschile, entro nel direttivo della prima Lega italiana pallanuoto. Sono gli anni in cui la RN ospita la Nazionale Italiana di Ratko Rudic poi Campione del Mondo. Si aggiunga che nello stesso periodo alcuni nostri atleti entrano tra i titolari della Nazionale Giovanile (Riccardo Murru, Matteo Spiga, Nicola Pisano). Altri nostri tesserati della prima squadra si trasferiscono in A1 (Andrea Rinaldi, Daniele Piccirillo). Nel 1994 divento Presidente FIN Sardegna. Nel 2013 vengo premiato con la stella di Bronzo CONI.
Rari Nantes – Promosport: che ricordi ha di quello sdoppiamento di società?
Nel 1983, dopo alcune stagioni in cui la Rari Nantes passava vari giocatori giovani e meno giovani ad altre società locali, nel tentativo di creare una seconda squadra con cui allenarsi ad un certo livello e portarla stabilmente nelle serie Nazionali, ci accorgemmo che non eravamo sulla stessa lunghezza d’onda.
Come mai?
Non c’era una benché minima volontà di costruire qualcosa di innovativo. Questo perché mancava il reagente essenziale: il rapporto umano. A quel punto è maturata la necessità di costituire una seconda squadra che assecondasse i movimenti della Rari Nantes. E così fondo la Promosport che in breve tempo arriva alla serie B e vi permane (nel girone Ligure) per otto anni consecutivi.
Cosa accadde di positivo?
Ospitammo quegli atleti che, usciti dalle giovanili della Rari Nantes, avevano necessità di maturare e che poi torneranno alla società madre. Ed altri che non reggendo più la serie A2, si rendevano utili aiutando la crescita dei giovani.
Passano altri quattro anni e ..?
Visto il crescente numero di agonisti che non trovavano posto in prima squadra fondo la Nuotomania. Fino a cinque stagioni fa, partecipando al campionato di serie C, ha svolto un ruolo importantissimo nell’aiutare il sistema e dare spazio a coloro che ancora avevano da dare qualcosa.
Ha qualche rammarico legato all’andamento di determinate stagioni agonistiche?
Nel 1989 la Rari Nantes era protagonista in A2. La FIN, complice una società campana che non si presenta sul campo gara, con una decisione inverosimile, ci priva della vittoria e ci costringe a giocare senza lo straniero lo spareggio per la retrocessione. Perdemmo con onore.
Secondo lei, fino ad ora, chi sono stati i principali attori che hanno scritto la storia della pallanuoto sarda?
I nomi sono tanti ma rischio di ricordare i più simpatici o i più vicini. Per cui mi permetto di citare le situazioni. Certamente la base della pallanuoto moderna è stata costruita con la piscina da 50 metri della Rari Nantes nel 1977, dopo che la squadra fece due campionati e mezzo di serie B costantemente in trasferta. Ci si allenava tutti i giorni in campo grande, come quelli che ospitavano le partite, c’era lo spazio autonomo per praticare la disciplina, le giovanili crescevano a dismisura e gli allenatori si cimentavano in varie novità.
Un bello sforzo economico..
Fu creata “al buio” senza pensare ai costi ma col solo obiettivo di offrire la giusta sostanza ad un movimento che lo meritava e che ha subito dimostrato di apprezzarlo creando atleti, portando campioni, risultati, pubblico, stampa.
E sotto il profilo tecnico che mi dice?
Non posso tralasciare il traguardo della A1 della Promogest, obiettivo costruito a tavolino che rende merito a chi lo ha progettato e condotto. E poi varie finali giovanili raggiunte, e grandi campioni che hanno calcato i nostri campi dando esempio e attivando la spinta per tante generazioni: campioni olimpici e mondiali come Veselin Djuho, Josep Somossy, Vlad Hagiu. E gli italiani Marcello Del Duca e Roberto Del Gaudio hanno insegnato a tante generazioni la pallanuoto giocata. Tra i locali la mia classifica vede Angelo Onano, Gianfranco Curreli, Gianfranco Maurandi, Daniele Piccirillo e non ultimo Lucio Pisani, l’allenatore della svolta.
Ci descrive qualche suo giocatore che l’ha favorevolmente colpito e per quali caratteristiche le è rimasto a cuore?
Ne basta uno: Maurizio Sanna. Di tre anni più giovane ma già titolare nella squadra allievi (1976). Regista, grandi gambe, ottimo in difesa ed in impostazione. Ricordo il suo esordio in serie B negli anni 80 contro il Pescara uno squadrone in cui militava il fenomeno Eraldo Pizzo. Manca poco alla fine e siamo sotto di una rete, esce per falli un nostro giocatore e l’allenatore Pisani mi guarda e mi chiede (io ero il suo vice in panchina): “uno degli anziani o Sanna?” Senza indugio rispondo Sanna; entra segna in superiorità e poi si vince di uno.
Ha avuto modo di leggere le proposte indicate da Marcello Pettinau per il futuro della pallanuoto isolana? Mi sembra che stiate sulle stesse corde vibrazionali
Ricordando che su mia iniziativa, per sei anni, (sino al 2019), la Promosport ha condiviso la preparazione e le formazioni giovanili con l’Oppidum. Considerando che nella stessa stagione la Promosport si apprestava a disputare gli under 13 con una formazione in collaborazione con Ferrini ed Esperia. Visto che il Comitato Sardo FIN ha recepito la mia proposta di inserire nel campionato under 15 la rappresentativa under 14. Stanti i numerosi colloqui intercorsi con lo stesso Marcello Pettinau per trovare una collaborazione tra le società, direi che quelle idee non mi sono nuove e non posso che condividerle. Partirei però con il coinvolgimento dei dirigenti, affinchè sostengano e supportino queste iniziative. E non scorderei il marketing senza il quale è difficile “vendere” il prodotto.
A questo punto è d’obbligo un giudizio sul lavoro che sta portando avanti il Comitato presieduto da Danilo Russu
Sicuramente positivo. Lo reputo un grande lavoro politico per i proficui rapporti con gli Enti. Non dimentico appuntamenti storici come la Coppa Comen o lo stage della Nazionale di Nuoto. I corsi di aggiornamento per allenatori di nuoto, l’allestimento delle rappresentative che si sono confrontate in Penisola. Si sta portando avanti un lavoro che auspicavo già nel 2015. Ma allora, quando scrissi una nota su Facebook, fu contestata aspramente.
Mi pare di capire che lei non è dirigente che si accontenta
Infatti, e ne approfitto per suggerire a Danilo e ai suoi collaboratori di coinvolgere maggiormente le società in ambito FIN facendo crescere i dirigenti più giovani, di azzardare qualcosa di nuovo nei settori tecnici, dando più spazio al marketing pur senza tralasciare “il cronometro”.
Cosa intende esattamente?
Alludo alle gare spettacolo che abbisognano di formule all’avanguardia. Il che si può realizzare dando fiducia alle organizzazioni esterne. Di conseguenza anche la progettazione dei tornei deve mettere in primo piano il gioco e non solo il risultato. E poi vedrei di buon occhio una svolta della pallanuoto dei giovanissimi attraverso le SNF. Ma parlare è facile, operare meno!
Ha particolari suggerimenti da elargire al responsabile federale della pallanuoto sarda Riccardo Toselli per sviluppare al meglio il futuro della Pallanuoto subito dopo il rientro in vasca?
Con lui mantengo ugualmente contatti costanti. Dai colloqui nascono le idee e non posso dire che sia lui, sia Danilo non siano recettivi. Né che non considerino la mia esperienza. Parlare è facile e, ribadisco, agire meno. Però, visto che devo rispondere, insisto sul marketing dei settori tecnici da effettuare al bordo vasca. Ripresenterò la mia idea di inviare tecnici nelle varie SNF per “seminare” la pallanuoto alla base. Chiederò ancora e poi ancora di lanciare seminari con tecnici federali per costruire una linea d’azione che poi prosegua anche “oltre gli assenti”. E poi a novembre sarebbe bello cominciare il campionato con un calendario tutto nostro che non sia succube del nuoto.
Come sta vivendo la sua società e anche lei in particolare questo stop dettato dalla pandemia
A casa. Gli atleti hanno avuto delle schede, si sentono con l’allenatore ma non credo che saranno pronti o quasi a riprendere l’attività. Noi in pratica non abbiamo iniziato: gli under 13, gli under 20 e serie C. Avevamo alle spalle solo qualche partita con gli under 17. Ho molta paura che i ranghi non siano più quelli della partenza ma soprattutto che ci impongano limiti impossibili da rispettare negli impianti. La chiusura spetta a Riccardo Toselli che visti i suoi trascorsi agonistici con le calottine sarde ha ben in mente la radiografia del movimento.
Oltre ad essere stato giocatore in serie B e C rispettivamente con Promosport e Nuotomania di Sesetto Cogoni, è stato anche tecnico delle giovanili, maschile e femminile, delle due società dal 2003 al 2009.
“Le parole di Sesetto non possono che trovare il mio favore – rimarca il dirigente federale – come quelle di Marcello Pettinau pronunciate pochi giorni fa. Per me è iniziata l’era del brainstorming, dove raccolgo le idee dei principali attori della nostra pallanuoto sarda e di tutte le società che fanno pallanuoto, nel rispetto del programma preparato tre anni fa, quando il presidente FIN Sardegna Danilo Russu chiese cosa ne pensavo di una mia candidatura come Consigliere.
Questo in corso doveva essere l’anno del rilancio, come già evidenziato pubblicamente a fine gennaio dall’ufficio stampa, con i seguenti eventi:
– Campionato di Serie C “Interregionale” Sardo-Laziale
– Campionato under 13 a 8 squadre e una serie di iniziative under 11 pronte per la primavera – estate 2020, nate a seguito dell’entusiasmo scaturito dalla Coppa Comen Giovanile tenutasi a Cagliari lo scorso agosto
– I quarti di finale Nazionali Under 20 da disputare a maggio a Cagliari contro le squadre lombarde, liguri e laziali
– Il quadrangolare di luglio della Nazionale maggiore del CT Alessandro Campagna che doveva essere l’ultimo test prima delle Olimpiadi di Tokyo 2020.
Tali iniziative avrebbero portato in Sardegna tecnici e dirigenti federali da tutte le regioni d’Italia. Situazioni ideali per arricchire i confronti con altre realtà sia sotto l’aspetto tecnico, sia sotto quello organizzativo, Si sarebbe generata una ventata poderosa di entusiasmo da spalmare sulle prossime stagioni sportive. Ma proprio sul più bello è arrivato il Covid. Non rimane che rimboccarsi le maniche e ripartire, non appena ci sarà concesso, da dove ci hanno fermato: uniti più che mai sotto un’unica bandiera, quella dei Quattro Mori”. (fonte: da comunicato Uff. Stampa FIN Sardegna)
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