FOCUS: impianto natatorio cagliaritano di Terramaini
CAGLIARI – Esistono delle dinamiche, ai più incomprensibili, che non consentono il normale corso delle cose, specie se sono rivolte alla gente comune. Ligia al dovere, si uniforma alle regole, si adopera per rendere il più armonico possibile ciò che gli gira intorno. Ma non basta. Purtroppo, questi cittadini devono fare i conti con situazioni paradossali, dove organismi la cui funzione dovrebbe essere proprio quella di dispiegare le proprie forze a favore della collettività, hanno continuamente latitato, senza avere il coraggio di intervenire di petto nel risolvere i continui imprevisti o mettere nero su bianco le ragioni che giustificano certi comportamenti.
È ciò che trapela dalle dichiarazioni dei rappresentanti di otto società cagliaritane (Frog, Nuotomania, Promosport, Oppidum, Sporting, Ferrini, Gruppo in forma, Nuoto Club) che imperniano il loro lavoro sull’utilizzo dell’impianto natatorio comunale sito in località Terramaini, ancora chiuso dopo reiterate promesse di riapertura e falle di ogni tipo. Dalle loro testimonianze emerge come il gioco dello scaricabarile sia ancora molto in voga, soprattutto tra gli adulti.
A nulla fino ad ora sono serviti i continui appelli della Federazione Italiana Nuoto, a nome di tutti i praticanti che fino a marzo 2020 affollavano la più bella piscina della Sardegna, rivolti agli uffici comunali preposti, i veri decisori sull’accesso alle strutture sportive.
La scusante della malattia pandemica, in realtà trova ormai palesi limiti davanti alla riapertura di tante altre piscine in Sardegna, segno che adeguandosi ai protocolli e pur con susseguenti sacrifici, nulla è impossibile. Eppure, ancora nessuna risposta ufficiale si è avuta, nonostante le voci ricorrenti (con tanto di date) riguardanti il riutilizzo della struttura.
Di scritto rimane un atto di indirizzo politico della Giunta Comunale datato 20 novembre 2020 dove tra le altre cose si dichiara che nell’impianto Piscina di Terramaini sono state predisposte tutte le misure di adattamento alle vigenti normative anti emerenziali relative al contingentamento ingressi ed all’utilizzo in sicurezza. E dove soprattutto si prende in considerazione la richiesta inoltrata dalla FIN Federazione Italiana Nuoto – Comitato Regionale Sardegna nell’accelerazione dei tempi di ripresa degli allenamenti per gli atleti tesserati della Città Metropolitana, partecipanti alle competizioni d’interesse nazionale. L’accorata richiesta del presidente Danilo Russu era rivolta in particolar modo alle speranze del nuoto, affinché evitassero di abbandonare la disciplina per sopravvenuto abbattimento psicologico. Ma tiene conto anche di altre gravi ripercussioni di carattere sociale ed economico legate alla salute fisica dei praticanti e all’elevato tasso di disoccupazione fatto registrare tra gli allenatori.
“PER BLOCCARE LA MORIA DI TESSERATI OCCORRE CHE IL COMUNE SI FACCIA DA PARTE”
Il quadro complessivo è disastroso: la mancata riapertura dello stabile di Terramaini sta radendo al suolo intere squadre. Poche parole ma che lasciano il segno sono quelle scandite da Angela Locci del Frog Swimming Lib.Cagliari: «Siamo a terra. Ho perso la mia squadra agonistica, categoria assoluti. Anni di lavoro buttati al vento. Ero riuscita a portare una ragazza a buoni livelli nazionali, investendo con un lavoro a lungo termine. Quando riuscirò a riprendere dovrò rincominciare da capo».
E mentre altre realtà isolane hanno ripreso a gareggiare, altre stanno affacciate alla finestra e aspettano: «E’ la quinta volta che slitta l’apertura della piscina di Terramaini». La FIN è costretta a fissare le prime gare della stagione fuori città perché il Comune non si pronuncia. Siamo spaesati, sbigottiti, spaventati – aggiunge Sesetto Cogoni della Promosport – e spiace che in assessorato non abbiano la sensibilità di capire la nostra sofferenza. Il loro prolungato silenzio provoca ritardi non più sostenibili, si stanno rendendo responsabili della nostra cancellazione. Gli atleti e i collaboratori ci lasciano per approdare in lidi più sicuri. Il nostro lavoro di anni è andato in fumo. Siamo stati messi all’angolo senza neanche aver combattuto. Non abbiamo potuto fare nemmeno un allenamento e tra l’altro il protocollo accessi è volutamente o inconsciamente farraginoso; rifiutano la nostra collaborazione per renderlo più snello ma non meno attento. Il Governo, la Regione, la FIN ci hanno aiutato, il nostro Comune, no».
Gli fa eco anche Cesare Goffi in rappresentanza di Nuoto Club e Gruppo in forma: «Siamo stati molto compatti, appoggiandoci coerentemente al comitato, dialogando e condividendo con il presidente Danilo Russu istanze, modalità, soluzioni da prospettare e tutta la disponibilità a ripartire pur con le difficoltà legate al problema virale. Funzionano tante piscine, ma questa del Comune non c’è verso che apra».
Poi racconta la sua personalissima storia e gli incontri tutt’altro che piacevoli con la burocrazia municipale: «A furia di ricevere tante promesse ci eravamo illusi, anche perché nei media isolani erano uscite diverse notizie che facevano intravedere un’imminente apertura. Ed invece continuano ad avere un atteggiamento inqualificabile dal punto di vista formale, perché esistono istanze, raccomandate, lettere, mail (normali e PEC), a cui non ha mai fatto seguito una risposta scritta, concreta.
Ci dobbiamo accontentare di messaggi, risposte o voci che parlano di difficoltà, ritardi, inefficienze. A volte la dirigente è assente, l’assessore non risponde, il funzionario è in ferie, quell’altro è in malattia, qualche impiegato dell’ufficio è andato in pensione e non è stato sostituito. Tutta una serie di scuse o di ragioni, forse reali ma che rappresentano l’ennesima risposta inefficace ed inefficiente. Per di più mal posta, perché se ci dessero una comunicazione, se pubblicassero un intento ci metteremmo l’animo in pace».
Altra società, immutate doglianze. In casa Oppidum Monica Pilleri traccia la sua cronistoria dove trapelano nuove incredibili storture: «I nostri agonisti sono fuori dall’acqua clorata dal 5 marzo, ad eccezione delle ragazze del sincro che hanno potuto godere a settembre dell’ospitalità della piscina di un albergo dell’hinterland, mentre i ragazzi delle giovanili di pallanuoto si sono dovuti accontentare di allenamenti in mare da giugno fino ai primi di ottobre. Da quel momento, per tutti i nostri ragazzi, è stata solo preparazione atletica a secco al parco di Terramaini, a due passi dalla loro piscina che inspiegabilmente tiene chiuse le sue porte dal 9 marzo, nonostante tutte le promesse dell’amministrazione che dalla scorsa estate annuncia una riapertura imminente che non è mai arrivata.
A mio modo di vedere loro, i ragazzi, i nostri atleti, sono degli eroi, non si sono arresi e non si sono tirati indietro, hanno accolto tutte le nostre proposte: dall’attività in mare all’attività a secco, che per quanto importante non può però essere l’unica attività per nuotatori, pallanuotisti, sincronette. Ora basta, siamo stanchi, logorati anche psicologicamente, sfibrati da questa lunga attesa, dai continui rinvii dell’apertura, frustrati dalle promesse e dai proclami che arrivano dall’amministrazione che puntualmente vengono disattesi. Ci sentiamo presi in giro come cittadini, come lavoratori dello sport, come atleti. Non so per quanto tempo i nostri ragazzi potranno resistere ancora prima di gettare la spugna.
La paura sempre più concreta è quella di perdere il lavoro di anni: quanto abbiamo creato non è arrivato dall’oggi al domani, è il frutto del lavoro, dell’impegno dell’investimento sul piano umano, tecnico ed economico di anni. Il discorso ovviamente vale per tutte le società che operano a Terramaini e in Via dello Sport, il comune deve prendere atto che rischia di cancellare più del 50% del movimento natatorio cittadino. Ci avevano fatto credere che il 3 dicembre sarebbe stata la volta buona, abbiamo preparato i calendari, abbiamo speso per l’acquisto dei dpi, dei termoscanner per rilevare la temperatura degli atleti all’ingresso, dei prodotti per la sanificazione di quanto di nostra competenza, eravamo pronti per entrare finalmente in vasca ed è arrivata la doccia fredda: piscina allagata nella zona segreterie, problemi con la ditta appaltatrice del servizio di custodia dell’impianto e con l’organizzazione del servizio di pulizia.
Dopo nove mesi durante i quali si è tenuto chiuso l’impianto per consentire importanti lavori di manutenzione siamo al punto di partenza: sono anni che la zona segreteria si allaga ogni volta che piove; si sarebbe dovuto intervenire per tempo, non aspettare che arrivassero le prime piogge per ricordarsi del problema. Un buon padrone di casa avrebbe approfittato dei mesi di chiusura forzata per programmare scrupolosamente i lavori in modo da essere pronti a maggio per i bandi di affidamento e al massimo a giugno avrebbe dato inizio ai lavori in modo da consegnare la piscina (anzi direi le piscine, perché la situazione è identica in via dello sport) a posto per la riapertura a settembre. Invece un’amministrazione a dir poco distratta ha atteso i primi di giugno per l’affidamento dei lavori, e settembre per sopralluoghi e inizio lavori trascurando interventi su problemi che, come quello della permeabilità di alcune zone del tetto, sarebbero stati essenziali».
Tra coloro che si leccano le ferite c’è anche la Ferrini, rappresentata da Oliviero Pintus: “La dimensione del danno arrecato alle società che lavorano nelle strutture comunali a Cagliari, compresa Terramaini, è enorme. Abbiamo perso un’intera squadra di nuoto, perché a metà ottobre gli atleti hanno richiesto di poter andare in altre società del cagliaritano che gestiscono direttamente un impianto. La maggior parte dei collaboratori hanno trovato un’altra soluzione lavorativa. Il capitale umano della società, inteso come risorse umane, fulcro della stessa, è irrimediabilmente perduto. A tutto ciò, se si aggiunge il continuo slittamento della riapertura dell’impianto in questione, si prospetta un futuro drammatico. La cosa più devastante, tuttavia, rimane il modo in cui veniamo trattati dall’amministrazione, da cui otteniamo notizie frammentarie, confuse quando riusciamo ad ottenerle. Con molta probabilità avremo molta difficoltà a riprendere le nostre attività nel 2021»
Considerazioni amare arrivano anche da Nicola Cogoni di Nuotomania: «Rinvii continui senza una motivazione reale o plausibile, associate a scuse di facciata che non sono più accettabili per le piscine chiuse ininterrottamente dal 9 marzo. Da sempre ci scontriamo con l’assenza di collaborazione e programmazione degli uffici, arroccati dietro una finta burocrazia senza un briciolo di empatia con chi si guadagna il pane sacrificandosi ogni giorno. Quello delle piscine è un settore così atipico che questo rifiuto totale ha garantito negli anni un servizio non all’altezza né per gli addetti al lavoro, né per il pubblico né tanto meno per il movimento natatorio regionale che si è progressivamente allontanato dal capoluogo.
Nonostante le promesse di collaborazione e integrazione del protocollo sanitario, della riapertura, delle modalità di gestione delle strutture, niente è mai successo e le società sono allo stremo economicamente, socialmente, psicologicamente e sportivamente. Atleti e collaboratori si sono spostati su altri lidi e noi davanti alla crisi più nera troviamo solo scuse, se va bene, o altrimenti porte chiuse. Anni di lavoro distrutti senza neanche un “ci dispiace” o “rimediamo subito”. Molti sono gli impianti sportivi comunali in queste situazioni, ma le piscine forse stazionano nel punto più basso. Lo sport ha lasciato Cagliari, quando tornerà?».
A queste condizioni anche i rapporti umani inevitabilmente si affievoliscono: «La situazione più preoccupante è la perdita continua, sia economica, sia soprattutto di sacrifici – interviene Marco Frau dello Sporting – se si pensa alla mole di lavoro degli istruttori rivolta ai nostri agonisti che cresciamo sin dalle fasi del galleggiamento per poi portarli avanti con tanto impegno. Purtroppo, stanno confluendo verso altre società che dispongono di impianti privati, dando loro la possibilità di potersi esercitare con regolarità rispetto a noi, dipendenti da una gestione comunale. Sta venendo meno il rapporto di fiducia tra noi, i bimbi e i loro genitori. Non è dipeso da noi, ma da un disservizio da parte del Comune».
Possibili soluzioni? Cesare Goffi ne ha in mente una da parecchio tempo: «Sono disposto a stare fermo anche fino al 31 agosto del 2021 – afferma – tanto ormai abbiamo perso iscritti, atleti, tesserati. Ma a patto che la prossima stagione riapra la piscina con una nuova gestione. Se ancora oggi continuano a dirci che sta piovendo dal tetto, vuol dire che il Comune non ha idea di come deve controllare un impianto. Sta buttando soldi dei cittadini senza un minimo servizio e mandando sul lastrico degli operatori che su questo vivono. Cioè tutto il contrario di quello che dev’essere.
Non si capisce se ci sia un’efficienza politica, o un imbastardimento burocratico, non lo so proprio, ma sta di fatto che è assodato come l’amministrazione comunale non possa occuparsi della piscina. Non è una questione personale nei confronti di determinati amministratori, ma non può essere un caso che si siano succeduti assessori, sindaci, dirigenti, funzionari, e questo ufficio, questa gestione continua a non funzionare. Il comune se ne deve fare una ragione e lasciare spazio a chi è in grado di occuparsene. La federazione si è detta disponibile e con lei diverse società, a sostituire il Comune nella direzione e conduzione dell’impianto, in attesa di un bando con tutti i crismi». (fonte: da comunicato Uff. Stampa FIN Sardegna)
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