FOCUS: Ciao Kobe Bryant
di MAX CAVALLARO
LOS ANGELES (USA) – Faceva impressione. Positiva. Ti strappava il sorriso. Per lo meno a noi che dall’altra parte del mondo lo vedevamo sollevare i più grandi trofei del mondo del basket Nba. Non era italiano, ma è come se lo fosse sempre stato visto che anche davanti a platee anglofone, parlava spesso nella lingua della nostra penisola che aveva imparato da bambino (memorabile in tal senso le dichiarazioni in italiano sul palco della notte degli Oscar nel momento in cui gli fu consegnata la statuetta per aver vinto insieme al disegnatore ed animatore Glen Keane, il premio per il miglior film nella categoria cortometraggio d’animazione con l’opera autobiografica Dear Basketball).
Kobe Bryant era questo. Un uomo capace di planare a canestro ad altezze siderali pur legato contemporaneamente alla terra (o al Parquet se preferite), dalle sue stesse radici. E’ stato un grande atleta (secondo solo a Michael Jordan). Il 26 gennaio 2020 Bryant però, col suo elicottero è volato insieme alla figlia di 13 anni Gianna (emergente di classe della pallacanestro rosa), nell’altra dimensione, consegnando un mito del basket alla leggenda eterna.
Me lo diceva il mio amico Vincenzo di Reggio Calabria durante un’estate di metà anni ’90 parlandomi di questo fenomeno della pallacanestro americana che era cresciuto nel suo giro di compagni del mini basket della Viola Reggio Calabria nella stagione 1986-1987, l’annata sportiva in cui il papà di Kobe, Joe “Jellybean” Bryant giocava lì nel club della punta dello stivale. “A Reggio lo sappiamo, Kobe è destinato ad essere il più grande…”. Aveva ragione da vendere Vincenzo.
Kobe Bryant, classe 1978 oggi non c’è più, ci ha lasciati precipitando col suo elicottero personale sulle colline di Calabasas (nella contea di Los Angeles). Lo stesso velivolo nell’impatto ha preso pure fuoco, rendendo più che difficoltosi i soccorsi. Con lui ci saluta il sorriso della figlioletta Gianna Maria come detto, ma anche quello dell’allenatore di Baseball John Altobelli, della figlia Alyssa e della consorte Keri. Deceduto anche il pilota dello stesso elicottero Ara Zobayan, Christina Mauser assistente della squadra di basket di Gianna Maria. Al tragico elenco funesto bisogna aggiungerci poi altre due vittime, ovvero Sarah e Payton Chester.
Nella sua carriera Kobe Bryant ha vinto la medagia d’oro ai Campionati Americani e quelle olimpiche di Pechino 2008 , Londra 2012. Ha legato la sua carriera per 20 anni ai Los Angeles Lakers (dove conquisterà 5 titoli) divenendone un simbolo, tanto che proprio per lui, il club ha ritirato dall’uso le maglie 8 e 24. Suo padre Joe, oltre che nella Viola in Calabria, giocò tra il 1984 e il 1986 all’AMG Sebastiani Rieti (dove il piccolo Kobe mosse i primi passi come cestista), dal 1987 al 1989 all’Olimpia Pistoia dal 1989 al 1991 alla Reggiana. Proprio lì a Reggio Emilia Kobe, a seguito del papà, frequentò pure le giovanili della stessa Pallacanestro Reggiana.
Bryant, rimane il testimonial perfetto di chi crede nella forza dello sport. La sua vicenda è commovente perché narra la storia un bambino che comincia ad amare lo sport seguendo le orme del papà per poi riuscire a superarlo in bravura, passando dalle categorie mini in Italia sino ad approdare tra il 1994-1996 alla Lower Merion High School, prima del grande salto in NBA dove brillò prepotentemente come una supernova che oggi si è spenta troppo presto, dopo aver regalato all’universo, una luce accecante. Ciao leggenda americana dal cuore tricolore. Ciao Kobe. Uno di noi. Sul serio.
Ciao Kobe Bryant Ciao Kobe Bryant Ciao Kobe Bryant Ciao Kobe Bryant Ciao Kobe Bryant Ciao Kobe Bryant