FOCUS: Crusaders Cagliari, trent’anni e non sentirli
CAGLIARI – Una lista lunghissima di prospetti. Dai più valorosi alle più classiche delle meteore. Dal 19 dicembre 1990 ad oggi si contano circa 600 atleti che hanno indossato la casacca rosso argento. Un motivo in più per festeggiare il trentesimo compleanno dei Crusaders che nacquero ufficialmente in uno studio notarile sito in viale Regina Margherita a Cagliari.
Davanti al professionista Roberto Vacca sfilano dei ragazzetti appena più che ventenni con la voglia matta di riprendere in mano le sorti del Football Americano dopo la fugace scomparsa dei Sirbons, la primissima franchigia in assoluto che ha diffuso il verbo dell’ovale nel capoluogo e nell’isola. Agitati ma felici nel firmare le carte dell’atto costitutivo si avvicendano i mai dimenticati Michele De Virgiliis e Paolo Bruni. E poi ancora Fabrizio Columbu, Raffaele Crudele, Dario Mannoni, Aldo Luchi, Stefano Columbu, Roberto Zedda.
Un po’ in disparte, da buon spettatore, assisteva al rito amministrativo anche Guido De Virgiliis. Ma c’erano altri due che non possono passare inosservati: il primo presidente della storia crociata Stefano Sechi e poi Emanuele Garzia, unico superstite di quella avventura che ancora adesso, dopo sei lunghissimi lustri, guida la società con immutato trasporto. Ed è proprio lui che scorrendo i dati anagrafici di tutti i tesserati si emoziona nel constatare come molti di loro in quella giornata prenatalizia non erano neanche nati.
Certo è che nessuno dei “padri fondatori” mai avrebbe immaginato una esistenza così prolungata, decorata anche da quattro finali e due vittorie nel campionato a nove giocatori. Resta indelebile la prima, conquistata nel 2004 a Castiglione della Pescaia, dove furono battuti i Red Jacket Sarzana. La stagione precedente il titolo era sfumato nella finalissima di Firenze persa contro i Guelfi padroni di casa. Un binomio quasi identico si ripete tra il 2010 e il 2011 a sorti inverse. Prima fanno il bis a Palermo, opposti agli Islander Venezia, dopo una sfida dalla doppia faccia. Poi si arrendono di misura l’anno successivo a Busto Arsizio contro le Aquile Ferrara.
C’è voglia di tentare il grande passo in II divisione: detto, fatto. Dal 2012 al 2018 si misurano con realtà molto attrezzate e un roster che invecchia. Due anni fa la scelta di tornare al campionato a nove giocatori, fino alla larga vittoria nel primo storico derby della Sardegna, nel febbraio scorso, che ha anticipato di pochi giorni la chiusura totale provocata dalla maledetta irruzione del virus.
Da qualche anno a questa parte Emanuele Garzia (vedere intervista più in basso) può contare sull’apporto di dirigenti che conoscono a menadito la materia. A partire dai due vicepresidenti Giuseppe Marongiu e Sergio Andrea Meloni. Il primo, oltre a ricoprire il ruolo di team manager, è stato l’head coach del primo successo nazionale. Il secondo, solo per limiti d’età imposti dal regolamento è stato costretto, a 48 anni suonati e con grande rammarico, ad abbandonare il leggendario ruolo di quarterback. Al suo fianco anche la compagna e medico Giulia Congia siede nel tavolo decisionale, ma non si contano le partite che ha seguito attraverso gli scatti fotografici sotto piogge battenti, venti impetuosi e temperature africane.
Nella cabina esecutiva si mettono a disposizione, con le loro competenze anche Gianfranco Farris, miglior giocatore nella finalissima siciliana e il capitano Stefano Murgia che non ha nessuna intenzione di ritirarsi a vita privata. Come del resto Matia “Air Pisu” ancora super grintoso quando c’è da agguantare la palla e seminare l’avversario in velocità. Compare anche un membro del coaching staff diretto da Aldo Palmas: Walter Serra è sempre pronto a dare un importante contributo.
Non fa parte dei vertici ma è un perno importante nella comunicazione esterna l’ex giocatore Battista Battino, fotografo, navigato webmaster ed espertissimo di storia e geografia italiana del football: cura con attenzione il sito www.crusaders-cagliari.it.
L’emergenza pandemica non permette di festeggiare in maniera tradizionale e allora ecco che vengono studiate degne alternative. Nei primi mesi del 2021 sarà ultimata una sorpresa che ripercorrerà i trent’anni di storia. L’intento era di sfornarla proprio il 19 dicembre 2020 ma l’operazione appare così monumentale che si è dovuto procrastinarla.
Dopo il passato resta il presente ed il futuro: dopo le peregrinazioni in tantissimi campi del capoluogo, il club sardo dovrebbe acquisire maggiori stabilità. La malattia pandemica ha fatto ritardare i lavori nel campo di Terramaini che, salvo colpi di scena, diventerà la base duratura del team con tanto di porte a Y ben fissate sul terreno e una club house per gli appuntamenti conviviali. Insomma, non c’è trenta senza.. quaranta.
EMANUELE GARZIA, MEMORIA STORICA DEI CROCIATI
Rilegge col pensiero tutte le fasi salienti che hanno contraddistinto il nuovo traguardo. Emanuele Garzia, presidente in carica dei Crusaders, l’ha sempre detto e continuerà a ripeterlo: «Questa società è la mia seconda famiglia e penso lo sia stata per gran parte di quei seicento crociati che hanno sgambettato e riso assieme a noi».
Quando hai firmato l’atto notarile avevi ventiquattro anni..
«Eravamo tutti molto giovani, trascinati dall’entusiasmo di alcuni atleti, reduci della breve esperienza maturata nei Sirbons. Ci trovammo concordi nel cominciare quella nuova avventura».
Sei l’unico sopravvissuto
«Con alcuni di loro ho mantenuto ottimi rapporti, ma hanno percorso altre strade, forse perché scemò passione e voglia di perseguire il progetto. Il primo presidente Stefano Sechi dovette lasciare la città per motivi di lavoro e io presi il suo posto. Ciò che mi ha consentito di continuare è stata la voglia di creare opportunità diverse ai giovani della città».
Solo per questo?
«Nella famiglia dei Cru circolano dei valori basilari nella vita di una persona. Ritengo molto importante tenere in piedi un’associazione sportiva che ha come fine ultimo quello di favorire la socializzazione tra gli atleti, di fare gruppo e avere degli obiettivi comuni. Io credo fermamente in questo, ora e sempre».
Negli ultimi anni ti sei circondato di persone a te molto vicine nella condivisione di questa passione..
«Pur essendo uno sport non molto praticato, il football americano è presente nella realtà sarda e deve contare su figure capaci che siano in grado di curare con diligenza i vari aspetti che caratterizzano la conduzione societaria: organizzativi, agonistici e comunicativi».
Non è sempre stato tutto rose e fiori
«Ho attraversato periodi delicati, come nel 2010, l’anno in cui venne a mancare mio padre. Dolore parzialmente cicatrizzato dal secondo successo nazionale. Certi momenti si ricordano anche per questi tristi avvenimenti, però la vita è andata avanti grazie anche all’esistenza dei Crusaders che rappresentano un punto di riferimento importante della mia vita».
Non sono mancati neppure gli ostacoli di carattere economico
«Fino a qualche anno fa il Football Americano non era riconosciuto dal CONI. Abbiamo dovuto penare affinché venisse annoverato tra le discipline associate; ciò avvenne grazie all’intermediazione del presidente federale Leoluca Orlando. La presa d’atto ci ha permesso di accedere ai contributi regionali, una autentica linfa vitale».
Altrimenti le cose si sarebbero ingarbugliate
«Poco prima di questo riconoscimento trascorremmo due stagioni con l’acqua alla gola. Ora siamo un po’ più tranquilli, anche se dobbiamo sempre stare attenti al bilancio perché l’impegno economico è abbastanza oneroso tra spese per le attrezzature e la gestione logistica. E soprattutto le trasferte, che pur essendo poche, sono movimentate mediamente da 25/30 persone».
Alcuni amici se ne sono andati prematuramente
«I due picchi emozionali scaturiti dai due successi oltre Tirreno diventano ancor più indelebili perché vissuti pensando sempre a Michele De Virgiliis: il suo agire fuori e dentro al campo non lo dimenticheremo mai. E non a caso viene evocato dopo ogni partita che disputiamo. E la sua famiglia è restata al nostro fianco seguendo con attenzione le dispute sportive. Recentemente ho sentito la signora Eleonora, mamma di Michele, e le ho esternato l’intenzione di realizzare qualcosa d’importante come omaggio a ex atleti, dirigenti e appassionati».
Avete subito anche altre perdite
«Non potrò mai dimenticare l’amico Paolo Bruni, e gli ex atleti Eros Palmas e Paolo Murgia, anche loro scomparsi prematuramente».
C’è un giocatore che in questi trent’anni ti è rimasto impresso?
«Si, è Massimiliano Antonino. Non mi invento nulla se dico che è stato il linebacker più forte che i Crusaders abbiano mai avuto nei campionati a nove giocatori. Dopo un grave problema di salute sta trascorrendo un periodo di convalescenza, i miei pensieri sono spessissimo rivolti a lui».
Altri nomi importanti?
«Paul Frick, un ragazzo americano che arrivò in Italia perché fidanzato (e poi sposato) con la sorella del nostro primo presidente Stefano Sechi. È riuscito a giocare con noi solo per qualche anno, ma ci ha sempre aiutato dispensando consigli utilissimi e soprattutto allenando i quarterback. Dario Mannoni, Giacomo Clarkson, Alberto Toscano, Giovanni Manca sono giocatori e coach che hanno reso possibile la conquista dei due titoli nazionali. E poi Aldo Luchi, diventato un principe del foro di Cagliari e Riccardo Pili perché rappresenta il presente e il futuro dei Crusaders. Tra gli atleti Matia Pisu, Gianfranco Farris, perché furono convocati in nazionale e poi l’americano Lou Buschi, anche lui allenatore dei qb». (fonte: da comunicato Uff. Stampa Crusaders Cagliari).
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